di Nazzareno Tomassi - «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno».
Nel brano del Vangelo di oggi troviamo due idee molto care a Luca: l’idea della piccolezza e l’idea del servizio.
Gesù vede dietro a sé una piccola realtà, una dozzina di uomini e alcune donne che lo seguono, e invita a non lasciarsi assalire dall’ansia e dalla paura perché Dio, nel suo amore, vuole dare a questa comunità il Regno.
Vengono alla mente le parole di Isaia: «Non temere, vermiciattolo di Giacobbe, larva di Israele; io vengo in tuo aiuto - oracolo del Signore - tuo redentore è il Santo di Israele» (Is 41,14).
È tempo di porre fine alla “ricerca inquieta” (Radermakers) che si concentra sulle preoccupazioni quotidiane perdendo di vista la priorità esistenziale che è data dal “regno dei cieli”. Il «piccolo gregge» (v.32) di Lc è chiamato a mutare prospettiva e a concentrarsi su ciò che è donato piuttosto che su ciò che manca.
Probabilmente quella del piccolo gregge è un’immagine distante da noi, dai nostri tempi, ma ciò che è decisivo è il carattere della piccolezza. È una Chiesa consapevolmente povera di potere, di influenza e di pretese salvifiche, quella che il testo dipinge. Sì, solo questa Chiesa può continuare ad essere credibile, evangelizzante e dialogante.
Il Regno non va immaginato secondo le nostre categorie mentali: non è un territorio, non è un complesso di realtà che si possono toccare, ma è l'azione salvifica sia presente che futura di Dio. Non è la Chiesa, ma la trascende; non è il Regno futuro di Dio, ma è la comunità che riconosce l'azione salvifica di Dio, che riconosce Dio come Signore e così partecipa della sua stessa vita dalla quale nessuno potrà mai strapparla.
Ma stiamo attenti. Per essere questo piccolo gregge a cui è dato il Regno non basta dirsi cristiani, potrebbe essere un inganno, allora Gesù ci indica la strada: «Vendete ciò che avete e condividetelo». Ognuno ha delle ricchezze: soldi, possessi, ma anche forza, tempo disponibile, doni personali. Ci viene chiesto di condividere con gli altri le nostre ricchezze. È così semplice, eppure tutto ciò richiede una conversione mai scontata ma che va rinnovata giorno dopo giorno alla sequela di Gesù.
«Dov'è il tuo tesoro lì è anche il tuo cuore». Il cuore dell’uomo deve trovare il tesoro giusto. Questo è il nostro tesoro: un Dio che ha fiducia in noi, al punto di affidarci, come a servi capaci, la casa grande che è il mondo, con tutte le sue meraviglie. Dio ti affida la casa, le persone, il mondo. E ti dice: tu puoi. Dio ha fede nell'uomo, Dio si fida di me. Se è vero che il nostro tesoro è un Dio così, è altrettanto vero che noi siamo il tesoro di Dio. Noi uomini, ogni persona, siamo il luogo dove Dio ha riposto il suo cuore.
Ciò che per me è più prezioso è ciò che più amo. «Ami la terra? Terra diventerai. Ami Dio? Diventerai come Dio», scrive Agostino. L'uomo diventa ciò che ama.
Per questo Gesù chiede grande vigilanza. Per tre volte risuona l'invito siate pronti, tenetevi pronti. Gesù chiede di restare nell’atteggiamento e nella tenuta dei servi, che per servire si cingevano la veste ai fianchi; chiede di tenere le lampade accese, di restare in attesa della venuta del Signore che bussa alla porta della nostra vita ogni giorno, ogni istante. Si attende così solo se si ama e si desidera, e non si vede l'ora che giunga il momento degli abbracci.
Servi in attesa del Signore che viene: ecco chi sono i cristiani, per i quali risuona la beatitudine: «Beati quei servi che il Signore al suo arrivo troverà vigilanti».
Dall'avvenire non viene qualcosa, bensì Qualcuno. Alla fine della notte sorge lo splendore di un incontro. Non con un Dio minaccioso, ladro di vita, che è la proiezione delle nostre paure e dei nostri moralismi violenti; ma con l'impensabile di Dio: un Dio che si fa servo dei suoi servi, che «li farà mettere a tavola e passerà a servirli». Che si china davanti all'uomo, con stima, rispetto, gratitudine. Luca ci presenta il capovolgimento dell'idea di un Dio padrone. Accade l'inconcepibile: il Signore si mette a fare il servo, si pone a servizio della mia vita, la allieta e la nutre. Il Signore, amante della vita, viene e si pone a servizio della mia felicità.
«Allora non chiamiamolo più padrone, mai più, il Dio di Gesù Cristo, chino davanti a noi, le mani colme di doni» (E. Ronchi).
Il Signore cerca un cuore attento. «Come un innamorato, desidera essere desiderato. Come l'amata io lo attenderò, ben sveglio: non voglio mancare l'appuntamento più bello della mia vita!» (M. Marcolini).
Ricordiamoci sempre che la fede avanza per scoperta di tesori, non per doveri. La vita cresce non per obblighi o divieti, ma per una passione, e la passione nasce da una bellezza. La bellezza di un Dio così fa crescere la mia fede.
Certamente non è facile vegliare, non dormire, non essere preda del sonnambulismo spirituale, tenere gli occhi aperti soprattutto quando è notte, quando la fatica è tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore. La stanchezza del giorno, il lavoro, i molti servizi fatti, la lunghezza della vita cristiana, la monotonia del quotidiano, sono tutti attentati alla vigilanza. Ecco allora Gesù che ti invita a non mollare e continuare a lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunità, il tuo Paese, la madre terra. Con quel poco che hai, come puoi, meglio che puoi. Vale molto di più accendere una piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
Concludiamo questa nostra riflessione con una perla preziosa con la quale Luca ci indica che cos’è l’eucaristia. «Li farà mettere a tavola e passerà a servirli». Ecco che cos’è l’eucaristia, il momento importante, prezioso, indispensabile, in cui la comunità di quanti, liberamente, hanno messo la propria vita a servizio del bene degli altri, vengono fatti riposare dal Signore, che passa lui stesso a servirli, comunicando loro vita.