di p. Tommaso Pio FATONE AJC - Se con la singolare e paradossale parabola dell'amministratore disonesto Gesù domenica scorsa ci esortava a far del bene con quanto ci rimane, con quella del ricco epulone oggi ci offre invece un esempio di come quell'invito possa essere, ahimè!, disatteso da chi vive nella ricchezza e si abbandona ai piaceri della vita.
La ricchezza in sé non è un male e le Scritture in fondo nemmeno la condannano tout court, ma il rischio è che essa può facilmente allontanare il cuore umano dalla giustizia e dall'amore. Così il profeta Amos è molto duro contro i ricchi spensierati che dimenticano i doveri di solidarietà. Chi è ricco dovrebbe piuttosto essere generoso e misericordioso verso chi versa nel bisogno, invece succede quasi sempre il contrario. Lo constatava anche il salmista affermando che "l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono" (Sal 48, 13.21): il cuore dell'uomo diventa duro quando vive nel benessere.
Il ricco epulone forse non era nemmeno una persona cattiva, ma il suo cuore era completamente intorpidito dal vizio, e pur vedendo fuori dalla sua porta un povero bisognoso languire, non se ne accorgeva. Tante volte le ingiustizie avvengono proprio per questo ottundimento. È proprio vero il detto che "il sazio non crede al digiuno"!
Di fronte alle urgenze e al grido dei poveri e dei sofferenti, non possiamo però chiudere il nostro cuore! Il Vangelo è chiaro: ci sarà un giudizio per tutti e chi ha goduto egoisticamente in questa vita, soffrirà eternamente nell'altra; chi, invece, ha sofferto quaggiù, lassù sarà ricompensato.
Guardiamo, però, al piccolo epulone che è dentro di noi: non saremo forse ricchi e crapuloni, ma il nostro cuore potrebbe essere ancora attaccato ai piccoli piaceri del mondo; non avremo magari un povero proprio dietro l'uscio, ma forse abbiamo dei fratelli mendicanti di compassione che ignoriamo; siamo magari più portati alla commozione passeggera che ad un perseverante impegno di solidarietà. E poi, quanta indifferenza! Siamo così abituati alle cattive notizie, che non ci scuote più il dolore altrui! Chi piange - ricordiamo tutti il grido di qualche anno fa lanciato da papa Francesco a Lampedusa! - per quei profughi che muoiono annegati nel nostro mare? E chi poi si preoccupa dei tanti malati, anziani e bisognosi di cure e di affetto, ma che sono spesso abbandonati a loro stessi? Troppo facile voltare la faccia per non vedere la sofferenza e il bisogno altrui. Eppure alle volte basterebbe fermarsi e ascoltare, per donare un po' di luce e di conforto!
Alle volte si invoca, come chiede quel ricco ormai tra le fiamme dell'inferno, un intervento eclatante per scuotere le coscienze e convertire il mondo; ma il Signore ha parlato una volta per tutte e solo questa sua Parola, se creduta e accolta, può veramente convertire e riportare l'uomo sulla via della salvezza. Già, la Parola! Si fa tanto per combattere invano le ingiustizie, leggi manifestazioni e conferenze, quando invece basterebbe dare un po' più di ascolto alla Parola di Dio.
Se con la singolare e paradossale parabola dellamministratore disonesto Gesù domenica scorsa ci esortava a far del bene con quanto ci rimane, con quella del ricco epulone oggi ci offre invece un esempio di come quellinvito possa essere, ahimè!, disatteso da chi vive nella ricchezza e si abbandona ai piaceri della vita.
La ricchezza in sé non è un male e le Scritture in fondo nemmeno la condannano tout court, ma il rischio è che essa può facilmente allontanare il cuore umano dalla giustizia e dallamore. Così il profeta Amos è molto duro contro i ricchi spensierati che dimenticano i doveri di solidarietà. Chi è ricco dovrebbe piuttosto essere generoso e misericordioso verso chi versa nel bisogno, invece succede quasi sempre il contrario. Lo constatava anche il salmista affermando che luomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono (Sal 48, 13.21): il cuore delluomo diventa duro quando vive nel benessere.
Il ricco epulone forse non era nemmeno una persona cattiva, ma il suo cuore era completamente intorpidito dal vizio, e pur vedendo fuori dalla sua porta un povero bisognoso languire, non se ne accorgeva. Tante volte le ingiustizie avvengono proprio per questo ottundimento. È proprio vero il detto che il sazio non crede al digiuno!
Di fronte alle urgenze e al grido dei poveri e dei sofferenti, non possiamo però chiudere il nostro cuore! Il Vangelo è chiaro: ci sarà un giudizio per tutti e chi ha goduto egoisticamente in questa vita, soffrirà eternamente nellaltra; chi, invece, ha sofferto quaggiù, lassù sarà ricompensato.
Guardiamo, però, al piccolo epulone che è dentro di noi: non saremo forse ricchi e crapuloni, ma il nostro cuore potrebbe essere ancora attaccato ai piccoli piaceri del mondo; non avremo magari un povero proprio dietro luscio, ma forse abbiamo dei fratelli mendicanti di compassione che ignoriamo; siamo magari più portati alla commozione passeggera che ad un perseverante impegno di solidarietà. E poi, quanta indifferenza! Siamo così abituati alle cattive notizie, che non ci scuote più il dolore altrui! Chi piange - ricordiamo tutti il grido di qualche anno fa lanciato da papa Francesco a Lampedusa! - per quei profughi che muoiono annegati nel nostro mare? E chi poi si preoccupa dei tanti malati, anziani e bisognosi di cure e di affetto, ma che sono spesso abbandonati a loro stessi? Troppo facile voltare la faccia per non vedere la sofferenza e il bisogno altrui. Eppure alle volte basterebbe fermarsi e ascoltare, per donare un po di luce e di conforto!
Alle volte si invoca, come chiede quel ricco ormai tra le fiamme dellinferno, un intervento eclatante per scuotere le coscienze e convertire il mondo; ma il Signore ha parlato una volta per tutte e solo questa sua Parola, se creduta e accolta, può veramente convertire e riportare luomo sulla via della salvezza. Già, la Parola! Si fa tanto per combattere invano le ingiustizie, leggi manifestazioni e conferenze, quando invece basterebbe dare un po più di ascolto alla Parola di Dio.
p. Tommaso Pio FATONE AJC